Derive Gallizio e la Caverna dell’antimateria
16 Febbraio 2021QUAL E’ IL MITO CHE INCARNIAMO? | Puntata 2
6 Aprile 2021di Antonello “Zap” Palladino
Qual è il mito che incarniamo?
Mi sono trovato ad inciampare su questa domanda nei giorni scorsi. Uso la parola “inciampare” perché è tutto partito proprio da lì, da un inciampo, da un errore. Con questo indizio – un grande sbaglio – parte questa esplorazione avventurosa a puntate.
Esistono due interessanti modi per rappresentare l’azione dell’errore:
1. “sbagliare”: etimologicamente contiene l’“abbagliare” – che con la s- davanti andrebbe a significare più o meno “senza luce”, “perdere la retta via”; ritrovarsi al buio.
2. “errare”, che può essere intesa invece nel suo significato doppio: “perdersi“, muoversi in esilio, andare via dal posto in cui si è.
I due modi, come avrai potuto notare, si “toccano”, chiaramente, ma puntano a due livelli diversi: guardare, il primo – visivo; muoversi, il secondo – propriocettivo.
Alla fine di questo racconto troveremo forse il modo per riunirli in un racconto mitico?
Ma andiamo per ordine:
Qual è l’errore da cui parte quest’avventura metafisica?
Durante la puntata 1 del “Grande Clic | creatività, ingranaggi e granelli di sabbia” ci chiedevamo in diretta chi fosse il dio antico della spontaneità. Io risposi in maniera istintiva: “Persefone”, pensando allo sbocciare delle stagioni.
Si impara presto, quando si mettono le mani dentro ai miti, che gli errori di lettura, di interpretazione, diventano parte integrante e fondamentale del percorso di scoperta. Infatti, una serie di rapide sincronicità abbastanza sorprendenti sono presto arrivate ad indicare dove sbagliavo: il dio della spontaneità, di quell’impulso imprevedibile, era il dio Pan. Chi altri?
Colui che, secondo molti, venne ucciso dal Cristianesimo mettendo così fine all’Era pagana. Hilmann non era molto convinto di questa cosa. Secondo lui Pan non venne ucciso, venne solo rimosso; gli venne chiesto frettolosamente di farsi da parte.
Pare che quando un dio non muoia ma venga rimosso con la forza, lui in qualche modo rimanga lì sullo sfondo, arrabbiato, e generi poi tutta una serie di problemi collettivi. (Con “muore” si intende: viene dimenticato, completa in un certo senso il suo “compito” (qual è il compito di un dio, se c’è, potrebbe aprire una serie di altri percorsi metafisici audacissimi che magari tentiamo un’altra volta…)).
Ma: che cos’è la spontaneità e a cosa serve?
La spontaneità sarebbe, sempre etimologicamente, “l’impulso della volontà”. Che bel paradosso! “Spontaneo”, secondo la lingua italiana, avrebbe a che fare con la volontà!
La “forza di volontà”? Lo “sforzo” su cui sono costruiti centinaia di corsi di miglioramento personale sul modello della disciplina militare?
Che c’entra?
La persona che ci ha spiegato meglio questo paradosso, questo grande errore, è stato il nostro amico Igor Sibaldi che in “Fuori dal Bosco” a pag.248 ci dice:
❝
Io mi immagino che la volontà sia proprio molto simile a quella descritta nelle fiabe sotto forma di geni, di fate, di folletti, che sia un impulso alla mente da un punto che la mente non riesce a vedere. Un impulso sicuro, preciso, che se ascoltato porta la vita nella direzione giusta perché è come un istinto. Anche nell’uomo civilizzato si sveglia più volte al giorno, solo che la civiltà non lo conosce bene, non lo apprezza sufficientemente, per cui si trova ad avere quest’impulso, non sa bene dove dirigerlo e poi si trova a volere quello che ha già. Io mi immagino la volontà come un vento che può portarti lontanissimo, se tu disponi la vela nel modo giusto.
❞
Quindi,
lezione UNO: “sbaglia grosso”.
Alla prossima puntata!
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