Qual è il mito che incarniamo? | Puntata 3 – Dedalo e i blocchi che ci autocostruiamo
12 Aprile 2021Qual è il mito che incarniamo? | Puntata 4 – Come uscire dal Labirinto?
21 Aprile 2021[…continua dalla puntata 1]
Il primo effetto di tutte queste belle coincidenze è stato quello di farmi aprire “Cittadella“; il secondo, non meno importante, è stato di non farmelo chiudere a causa della concezione della donna che vi è espressa. Dice, infatti, il Principe, voce narrante di “Cittadella”: “Io ti darei diecimila donne che vuoterai subito della loro virtù particolare, una dopo l’altra, e te ne servirebbero ancora molte di più, perché sei diverso secondo le stagioni, secondo i giorni e secondo i venti” (4) . Chi disponesse di un simile harem, infatti, si renderebbe conto della misera provvista che una o l’altra delle donne gli porta, che a mala pena basta per “il pasto della sera”. Perché “una certa donna non la considero armoniosa se non vi leggo attraverso… [non deve] essere il muro contro il quale inciampo, ma la porta che conduce da un’altra parte”; infatti le dice: “non sei scopo e ricompensa e gioiello venerato per ciò che è, di cui mi stancherei subito; sei strada, veicolo e carro. Ed io non mi stancherò mai di diventare”. Insomma, la donna è un mezzo come un altro per avanzare nel proprio cammino spirituale. Se poi la tua donna, non rassegnandosi a questo ruolo, dovesse protestare, sappi che “non serve a nulla lottare contro le lamentele. Concedile il braccialetto di smeraldo. Oppure frustala” (5). Ma questo è Nietzsche, non il Piccolo Principe! E non è finita qui, dal momento che il Principe, precisa Saint- Exupéry, “si commuove soltanto per quella donna che è solida ben fondata, che è di pura razza, e il cui linguaggio, la cui religione, le cui usanze non si sono corrotti, quella che non scaturisce da un incrocio di popoli nel quale tutto si è mescolato e che è come un ghiacciaio mutato in pantano”.
Un passo inquietante, soprattutto se si pensa che queste cose Saint-Exupéry le ha scritte a cavallo degli anni ’30 e ’40 del secondo scorso.
Un’altra cosa che non mi sarei aspettato di trovare è l’esaltazione della guerra; il Principe è convinto che faccia bene al popolo, perché i casi sono due: o la tua gente “conquista il mondo per assorbire i suoi nemici o marcisce nei fermenti stessi della sua distruzione”. Nei confronti del popolo – continua il Principe – tu devi considerarti non come un giudice ma come un dio che governa: “Tu dai loro un posto e li fai divenire. Il resto seguirà da sé. Perché hai fondato l’essere. Ormai si nutrirà e cambierà in sé il resto del mondo”. Come non pensare a un popolo eletto, destinato a dominare il mondo?
Due cose il Principe non tollera: “dormire sugli allori e volere la pappa pronta”. Per quanto riguarda il dormire sugli allori, “Hai forse visto l’albero crescere e poi, una volta cresciuto, valersi del fatto di essere un albero? L’albero cresce semplicemente. Io ti dico: coloro che dopo aver fatto una provvista diventano sedentari, sono già morti… Solo vivono coloro che non hanno trovato la pace nelle provviste fatte… la tua cittadella cadrà se cesserà di espandersi… io non ho mai finito di costruire la mia città”. E, prosegue il Principe nel suo monologo, “gli uomini si sono vuotati perché hanno creduto di possedere e di ottenere e si sono fermati per strada a godere, come essi dicono, delle loro provviste. […] Certo, quando hai fatto le tue provviste puoi vivere per un certo periodo del tuo miele. Chi ha scalato la montagna può per un certo periodo vivere del paesaggio che è l’ascesa completata. Si ricorda delle pietre che ha scalato. Ma il ricordo muore presto. Allora lo stesso paesaggio si svuota. [Ecco perché] non schiererò degli eserciti per difendere delle provviste. Perché le provviste sono fatte e non ti devi aspettare nulla da esse, se non di trasformarti in bestiame miserabile”.
Il Principe si prende cura dei suoi sudditi come un buon pastore. Mentre essi “cercano di trarre le loro gioie dagli oggetti… [essendo come] bestiame placido sotto la mangiatoia…” Il Principe li educa al culto dei valori immateriali, non facendo alcun assegnamento sui sedentari ben pasciuti ma privi di spiritualità: “Per costoro non esiste nulla che faccia risuonare gli oggetti gli uni sugli altri. Essi vivono nel loro deserto di pietre sparse. Ma vengo io e con esse costruisco il tempio. E le medesime pietre riversano su di loro la beatitudine. […] Infondi nel cuore di un popolo l’amore per il veliero ed esso assorbirà tutti i fervori del tuo territorio per tramutarli in vele”. Non essendo però questo amore un’inclinazione naturale, va imposto con la forza – “li sottometterò a torsioni, tensioni e figure” – e con l’astuzia: “disegnerò delle [fittizie] linee bianche attraverso il campo perché siano tracciate zone di pericolo ed altre di sicurezza. E introdurrò il luogo proibito in cui si è puniti con la morte per orientarli nello spazio. […]”. Come uno sciamano, il Principe esegue una danza che ha l’effetto di rendere la città docile come una donna di casa: “Mi basta riconoscere la danza da eseguire perché tu diventi la femmina del maschio, una città ormai domestica come la donna quando rimane a casa”.
Per quanto riguarda, poi, il volere la pappa pronta, altro intollerabile vizio dei sedentari, ammonisce il Principe:
“Costoro non hanno il senso del tempo. Vogliono cogliere dei fiori non ancora sbocciati: e non c’è alcun fiore. Ovvero ne trovano uno sbocciato altrove, che non è il risultato finale del cerimoniale del roseto, ma un oggetto da bazar, né più né meno (7) . Quale gioia procurerà loro quel fiore?[Ecco perché] sono da disprezzare quelle tribù che recitano i poemi altrui e mangiano il grano degli altri o fanno venire degli architetti e li pagano per costruire le loro città. Costoro, io li chiamo sedentari… Tutti quelli che vivono delle azioni altrui e ne assumono i colori come il camaleonte, quelli a cui piace sapere da dove vengano i doni e assaporano le acclamazioni e si giudicano nello specchio della folla, costoro dico che sono della plebaglia: poiché non si possono trovare, non tengono gelosamente nascosti i loro tesori come una cittadella e non si tramandano la loro parola d’ordine di generazione in generazione, ma lasciano crescere i loro figli senza plasmarli. Ed essi spuntano sul mondo come funghi”.
Nei popoli sedentari accade che “le immagini muoiono come le piante” perché “il loro potere si è consumato e non sono più che materiali inutili che stanno per disperdersi e diventare terriccio per nuove piante… verranno quelli del deserto a [dare loro un nuovo] volto. Verranno con quell’immagine che portano nel cuore, a dare un nuovo significato ai vecchi caratteri del libro”.
Lettore tieniti forte perché ora il Principe si trasforma in predone: i miei uomini “li conducevo verso l’oasi da conquistare… Dicevo loro: ‘L’oasi si offrirà a voi perché portate nel cuore il culto dell’oasi, mentre quelli che caccerete di là non ne sono più degni… troverete laggiù l’erba odorosa, il canto delle fontane, le donne dai lunghi veli colorati che fuggiranno spaventate come un branco di agili cerbiatte, ma facili da prendere, fatte come sono per la cattura… Esse crederanno di odiarvi e per respingervi adopereranno i denti e le unghie. Ma per domarle sarà sufficiente stringere in pugno le trecce azzurre della loro capigliatura!… Vi basterà esercitare la vostra forza nella dolcezza per tenerle immobili. Esse chiuderanno ancora gli occhi per ignorarvi, ma il vostro silenzio peserà su di loro come l’ombra di un’aquila. Allora apriranno finalmente su di voi i loro occhi pieni di lacrime. Voi sarete stati la loro immensità, come potrebbero dimenticarvi?” (8) .
Come è possibile che lo stesso scrittore che da piccolo si commuoveva per un fiore possa, da grande, incitare i suoi allo stupro di massa? Siamo forse di fronte alla sua Ombra (9) , cioè al suo lato oscuro?
Il fatto è che per il Principe di Saint-Exupéry, come già per quello di Machiavelli, il fine giustifica i mezzi (10) . E l’unico fine verso cui tendono tutti i discorsi e le azioni del Principe è quello di rafforzare ed espandere l’impero, ricorrendo anche alla manipolazione: “vieto che si vestano di rosso quelli che non discendono dal profeta. E in cosa ho danneggiato gli altri? Nessuno si vestiva di rosso. Il rosso non aveva un significato. Ormai tutti sognano di vestirsi di rosso. Ho creato il potere del rosso e tu sei arricchito del fatto che esso esista, benché non sia per te. E l’invidia che ti suscita è segno di una nuova linea di forza… [In modo simile,] se dico che i gobbi portano la peste, ti spaventerai per il numero dei gobbi. Perché non li avevi notati. E più a lungo mi avrai creduto, meglio li avrai allontanati dal tuo cammino. In seguito, resterà il fatto che tu ne conosci il numero. Ed è quello che volevo. [In modo analogo] non è una festa che creo, è una certa relazione. Sento ridacchiare i refrattari che hanno subito fondato una contro-festa. [Ma anche così] affermano e perpetuano la stessa relazione. Per fargli piacere li metto un po’ in prigione, perché tengono alla serietà del loro cerimoniale. E anche io… di che cosa dovrei lamentarmi… io che soppeso nella mia saggezza patriarcale questo impero nel quale tutto è al suo posto come la frutta matura nel paniere? Per quale motivo dovrei sentirmi adirato, amareggiato, provare odio e sete di vendetta? Tale è la trama per il mio lavoro. Tale è il mio campo da coltivare. Tale è la mia arpa da suonare”.
E come si comporterà con gli animali il Principe, che da piccolo non uccideva manco un topo (11) ? “Quando le bestie che rinchiudi nella stalla muoiono l’una dopo l’altra, non chinarti su loro per cercare la causa del male. Chinati sulla stalla e bruciala”.
Dove è finito il Piccolo Principe che si era fatto addomesticare da una volpe? Ecco cosa pensa il Principe del bambino: “Il bambino t’intimidisce sempre come se fosse depositario di conoscenza. E non ti sbagli, perché il suo spirito è forte prima che tu lo rattrappisca nella crescita. E con i suoi tre sassolini ti crea una flotta da guerra”. Per il resto, quando il Principe parla di bambini sta pensando ai suoi sudditi che considera, paternalisticamente, come dei bambini: “cos’è un bambino se non vi è alcun impero e se non sogni di fare di questo bambino un conquistatore, un signore o un architetto? Si è ridotto ad essere semplicemente un pacchetto di carne. […] Le regole del gioco del bambino sono degli obblighi, ma il bambino le desidera […] Quando vedi dei bambini che s’annoiano imponi loro le tue costrizioni, cioè le regole di un gioco, dopo di che li vedrai correre felici… loro conoscevano il volto del gioco. E chiamo volto ciò che nasce dal gioco. […] E la realtà per il bambino non risiede né nei sassolini né nelle regole che non sono altro se non un trucco vantaggioso, ma soltanto nel fervore derivante dal gioco. In cambio i sassolini sono come trasfigurati”. Il Principe alleva le anime dei sudditi come un buon padre, ma quando estende il suo dominio su altre genti può andare incontro a dei rischi, incorporando nel suo regno degli spiriti ribelli. Se, infatti, il territorio che hai conquistato “ospita in qualche posto un uomo saggio, ben protetto dal suo silenzio e trasformato da profonde meditazioni, questo è sufficiente a equilibrare il peso delle tue armi poiché egli è simile a un seme. Come potresti individuarlo per decapitarlo? Egli non si rende manifesto se non attraverso il proprio potere e nella misura in cui la sua opera è compiuta. […] Tu consideri questo uomo muto tra la folla che lo circonda, lo serra e lo forza. Se egli è come una contrada vuota lo schiaccia. Ma se è un uomo abitato e costruito dall’interno… e se egli parla, allora, dal momento che ha parlato, ha affondato le proprie radici nella folla… fondato il suo potere, e se si mette in marcia, ecco che la folla lo segue moltiplicando la sua potenza”. Ormai la situazione è sfuggita di mano e al Principe non resta che sopprimerlo: “Un uomo impazzì, gridò e si mise a correre verso la città. Poiché il grido dell’anatra selvatica che migra si ripercuote su tutte le anatre, compresi che il grido dell’uomo aveva scosso gli altri uomini. Essi erano pronti, a seguito dell’ispirato, a precipitarsi verso quel miraggio e il nulla. Un colpo di carabina ben assestato lo abbatté, e non fu più che un cadavere rassicurante”. Maggiore riguardo il Principe mostra nell’esecuzione di un suo pari, non volendo sottoporlo né “alle ingiurie della plebaglia né alla volgarità dei carcerieri. Ma gli farò tagliare la testa in un grande circo con squilli di trombe d’oro”.
A questo punto il lettore si chiederà che cosa abbia a che fare tutto questo con la deriva di Debord. La risposta ci sarà nelle prossime puntate, quando il punto di vista da cui guardare “Cittadella” non sarà più umano ma alieno. Per il momento dico solo che Saint- Exupéry non intendeva affatto dire ciò che gli farò dire estrapolando dei brani dal contesto e reindirizzandoli verso un altro significato, che è poi la tecnica del “detournement”, nella quale era maestro Debord, ispiratore del maggio francese, oltre che dell’Internazionale Situazionista.
Al Principe, comunque, non piacevano né i ribelli né le avanguardie. Il Principe, infatti, disprezza quello scrittore che manda all’aria le “regole codificate. Perché l’effetto dello scandalo è anch’esso un intervento. Ma quello è un criminale giacché, aduso a ricercare un vantaggio personale, infrange il vaso di un tesoro comune. Per esprimersi, rovina le possibilità di espressione di tutti, come colui che per farsi luce incendia la foresta. E dopo agli altri non resta che la cenere. E quando mi sono abituato agli errori di sintassi, non posso neanche più provocare scandalo e suscitare una reazione mediante ciò che non ci si aspetta. Ma non posso neppure più esprimermi con la bellezza dello stile antico, perché ho vanificato le convenzioni, tutti quei segni, quegli ammiccamenti, insomma tutta quell’intesa, tutto quel codice elaborato così lentamente e che mi permetteva di dare tutto me stesso fin nelle sfumature. Mi sono espresso consumando il mio strumento. E lo strumento degli altri… [e così] ho consumato il tesoro di cui mi servivo. Ho saccheggiato il granaio e ne ho sparso i chicchi”.
Alle avanguardie dissipatrici delle tradizioni – che al massimo ti suscitano “l’emozione che trarresti da una pila di piatti che si rompe” , un’emozione comunque inferiore a quella che ti provocherebbe la “pesantezza del piede del mio gendarme quando ti schiaccia l’alluce” (sic) – il Principe contrappone un’avanguardia di tutt’altro genere: “Ve n’erano poi alcuni simili a sentinelle, di fronte alla notte come di fronte al mare. Eccoli – mi dicevo – i testimoni della vita davanti all’impenetrabile mare. All’avanguardia. Siamo in pochi a vegliare sugli uomini e a noi soli le stelle devono la loro risposta… A portare sulle nostre spalle il peso della città, siamo in pochi fra tanti sedentari, pochi e duramente flagellati dal vento glaciale che cade come un mantello freddo dalle stelle. […] E se vai a trovare gli astronomi li vedrai appassionarsi alle stelle e ascoltare solo il loro silenzio. E in effetti ognuno immagina di essere tale”. E in questa avanguardia, che piace al Principe, finalmente riconosco il Piccolo Principe.
[continua nella puntata 3…]
Note
(4) A. de Saint-Exupéry, Cittadella, pp. 493-494.
(5) A. de Saint-Exupéry, Cittadella, p. 491.
(6) M. Murelli, “Prefazione” ad A. de Saint-Exupéry, Cittadella, pp. 11-27. Nietzsche aveva detto: “vai con donne? Usa la frusta!”.
(7) Come la cuffia “Novadreamer” per indurre artificialmente sogni lucidi.
(8) A. de Saint-Exupéry, Cittadella, p. 67.
(9) In senso junghiano.
(10) Per il resto, la differenza tra “Il principe” di Machiavelli e “Cittadella” è abissale: la prima è l’opera di un cortigiano rinascimentale, come si vede già dalla dedica dove si prostra di fronte al suo signore, mentre in ogni pagina di Saint- Exupéry si respira la libertà di chi non deve render conto a nessuno di ciò che scrive. La prima è piena di riferimenti storici, la seconda è speculazione pura, fuori dal tempo. Ecco cosa pensa il Principe dei dotti: “Imbecilli! Bestiame castrato. Voi, storici, logici e critici, siete i vermi dei morti e non capirete mai nulla della vita” (A. de Saint-Exupéry, Cittadella, pp. 364-367 e 399).
(11) A. de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, p. 53.
LE 10 PUNTATE
“All’ombra del Piccolo Principe” di Paolo Maria Clemente è un articolo in 10 puntate a cura di Lupo e Contadino; le prime puntate saranno disponibili liberamente sul sito; l’articolo completo sarà invece disponibile in esclusiva per i soci iscritti all’Associazione Culturale LUPO ETS. Trovi tutte le informazioni per iscriverti, qui.