È fondamentale – Il canto armonico di Anna Maria Hefele
27 Aprile 2020Dal gioco alla Zona, un’ipotesi di comunicazione extraumana con il mondo | Sogno Lucido e Deriva Transumana / 3
28 Aprile 2020a cura di Antonello “Zappatore” Palladino
C’è una canzone, la cui storia si trova su uno dei punti importanti della mappa immaginale del tesoro di Lupo e Contadino:
“A zonzo” .
Partiti da quella straordinaria canzone, raccontiamo una meravigliosa ed emozionante storia musicale e sentimentale della leggerezza.
La versione italiana cantata da Alberto Sordi nel film “I diavoli volanti”
La versione più famosa di questa canzone è sicuramente quella cantata da Alberto Sordi, doppiatore italiano di Ollio, in una memorabile e mitica scena tratta da I diavoli volanti (The Flying Deuces – film originale del 1939 di A. Edward Sutherland), versione conosciuta anche come “Guardo gli asini che volano nel ciel”. È l’unico film della coppia nel quale Stan Laurel non mise mano né alla scrittura, né al montaggio.
Stanlio & Ollio si ritrovano arruolati nella legione straniera, dove Ollio spera di riuscire a dimenticare le pene per l’amore non corrisposto da Giorgetta. Si accorgono però che l’esperienza dell’esercito è molto diversa da ciò che si aspettavano; fra mille peripezie decidono così di tornare a casa. In fuga dalla legione trovano alcuni soldati che stanno suonando il celebre motivetto; Ollio, togliendosi la bombetta, e accortosi di aver finalmente dimenticato l’amata, improvvisa un testo di meravigliosa leggerezza visionaria:
“Guardo gli asini che volano nel ciel
ma le papere sulle nuvole
si divertono a fare i cigni nel ruscel
bianco come inchiostro
vanno i treni sopra il mare tutto blu
e le gondole bianche sbocciano nel crepuscolo
sulle canne dei bambu’
Du du du du du
Queste strane cose vedo ed altro ancor
quando ticchete ticche ticchete ticche
ticchete sento che e’ guarito il cuor dall’estasi d’amor
Addio addio addio”
La versione originale americana: “Shine on, Harvest Moon”
Nella versione originale americana, la canzone è, invece: Shine On, Harvest Moon, brano popolare del 1908, con un testo meno visionario della versione italiana, ma di bellezza, semplicità e leggerezza altrettanto strepitose.
Ti solleva letteralmente da terra:
“Shine on, shine on harvest moon,
Up in the sky,
I ain’t had no loving,
Since January, April, June or July
Snow time, pay no time to stay,
Outdoors and swoon.
Shine on, shine on harvest moon,
For me and my girl.”
“A zonzo”, il brano originale di Ernesto Bonino durante la Seconda Guerra Mondiale
La melodia della famigerata versione italiana – di cui un estratto diventerà poi anche la sigla dei film di Stanlio&Ollio per la tv italiana – deriva da una canzone del 1942, A Zonzo (di Filippini, Morbello), cantata da Ernesto Bonino, con un testo originario diverso da quello di Sordi.
Pensare che questa canzone fu incisa in piena Guerra Mondiale, in un periodo pesantissimo per l’Italia, la rende ancora più immaginifica e commovente.
Un capolavoro:
“Zonzo, paese di pace, paese di sole,
Dove trascorrere tutta la vita vorrei.
Dolci sentieri di sogno fra tenere aiuole,
Angolo di Paradiso, chissà dove sei.
Vado a Zonzo dove il cielo è sempre blu,
Dove i passeri che svolazzano sopra gli alberi
Mi cinguettan di lassù.
Quanta poesia! Oh!
Vado a Zonzo col mio cuore sognator
E gironzolo per i viottoli
Dove olezzano sulle fronde mille fior
Che parlano d’amor.
Questo è il paese dell’eterna primavera,
Il Paradiso dove è nato il nostro amor.
Per le sue strade il cuore insegue una chimera,
Mi sento l’anima leggera, bianca e pura come un fior.
Vado a Zonzo,
Me ne vo di quà e di lá,
Vado libero come un passero
E sento l’anima ebbra di felicità.
Sopra le carte geografiche e sul mappamondo
E sugli atlanti, per giorni e per notti cercai,
Vane ricerche, il più dolce paese del mondo,
Zonzo, paese felice, chissà dov’è mai.
Vado a Zonzo dove il cielo è sempre blu,
Dove i passeri che svolazzano sopra gli alberi
Mi cinguettan di lassù.
Quanta poesia! Oh!
Vado a Zonzo col mio cuore sognator
E gironzolo per i viottoli
Dove olezzano sulle fronde mille fior
Che parlano d’amor.
Questo è il paese dell’eterna primavera,
Il Paradiso dove è nato il nostro amor.
Per le sue strade il cuore insegue una chimera,
Mi sento l’anima leggera bianca e pura come un fior.
Vado a Zonzo,
Me ne vo di quà e di lá,
Vado libero come un passero
E sento l’anima ebbra di felicità.”
“Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano
Scorrendo il testo della canzone, in un gioco di riferimenti poetici, non si può non soffermarsi su quel verso: “il cielo è sempre più blu”, proprio quello che cantò nel 1975, con la sua feroce ironia, anche Rino Gaetano – capace di raccontare memorabilmente in musica la storia d’Italia – in una delle sue canzoni più efficaci:
Chi ama l’amore e i sogni di gloria
Chi ruba pensioni, chi ha scarsa memoria
Chi mangia una volta, chi tira al bersaglio
Chi vuole l’aumento, chi gioca a Sanremo
Chi porta gli occhiali, chi va sotto un treno
Chi ama la zia, chi va a Porta Pia
Chi trova scontato, chi come ha trovato
Na na na na na na na na na na
Ma il cielo è sempre più blu
Chi gioca coi fili chi ha fatto l’indiano
Chi fa il contadino, chi spazza i cortili
Chi ruba, chi lotta, chi ha fatto la spia
Na na na na na na na na na na
Il cielo è sempre più blu
Chi ha crisi interiori, chi scava nei cuori
Chi legge la mano, chi regna sovrano
Chi suda, chi lotta, chi mangia una volta
Chi gli manca la casa, chi vive da solo
Chi prende assai poco, chi gioca col fuoco
Chi vive in Calabria, chi vive d’amore
Chi ha fatto la guerra, chi prende il sessanta
Chi arriva agli ottanta, chi muore al lavoro
Na na na na na na na na na na
Il cielo è sempre più blu
(Ma il cielo è sempre più blu)
Chi possiede ed è avuto, chi va in farmacia
Chi è morto di invidia o di gelosia
Chi ha torto o ragione, chi è Napoleone
Chi grida “al ladro!”, chi ha l’antifurto
Chi ha fatto un bel quadro, chi scrive sui muri
Chi reagisce d’istinto, chi ha perso, chi ha vinto
Chi mangia una volta, chi vuole l’aumento
Chi cambia la barca, felice e contento
Chi come ha trovato, chi tutto sommato
Chi sogna i milioni, chi gioca d’azzardo
Chi parte per Beirut e ha in tasca un miliardo
Chi è stato multato, chi odia i terroni
Chi canta Prévert, chi copia Baglioni
Chi fa il contadino, chi ha fatto la spia
Chi è morto d’invidia o di gelosia
Chi legge la mano, chi vende amuleti
Chi scrive poesie, chi tira le reti
Chi mangia patate, chi beve un bicchiere
Chi solo ogni tanto, chi tutte le sere
Na na na na na na na na na na
(Ma il cielo è sempre più blu)”
.
Una storia musicale della leggerezza: “Nel blu dipinto di blu”, “Il cielo in una stanza” e “Azzurro”
Partiti con la leggerezza suggestiva di “A zonzo”, concludiamo questo viaggio musicale con tre pietre miliari – la famosa mappa del tesoro.
Tutte e tre rivolte al cielo, simbolo poetico così importante nella storia emotiva e sentimentale dell’Italia.
Volare (nel blu dipinto di blu) | 1958 (Migliacci, Modugno)
Mi dipingevo le mani e la faccia di blu
Poi d’improvviso venivo dal vento rapito
E incominciavo a volare nel cielo infinito
Cantare oh, oh, oh
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare lassù
E volavo, volavo felice più in alto del sole
Ed ancora più su
Mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù
Una musica dolce suonava soltanto per me
Cantare oh, oh, oh
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare lassù
Quando tramonta la luna li porta con sé
Ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli
Che sono blu come un cielo trapunto di stelle
Cantare oh, oh, oh
Nel blu degli occhi tuoi blu
Felice di stare quaggiù
E continuo a volare felice più in alto del sole
Ed ancora più su
Mentre il mondo pian piano scompare negli occhi tuoi blu
La tua voce è una musica dolce che suona per me
Cantare oh, oh, oh
Nel blu degli occhi tuoi blu
Felice di stare quaggiù
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare quaggiù
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare quaggiù
Con te”
Azzurro | 1968 (Paolo Conte)
E all’improvviso eccola qua
Lei è partita per le spiagge
E sono solo quassù in città
Sento fischiare sopra i tetti
Un aeroplano che se ne va
Il pomeriggio è troppo azzurro
E lungo per me
Mi accorgo
Di non avere più risorse
Senza di te
E allora
Io quasi quasi prendo il treno
E vengo, vengo da te
Il treno dei desideri
Nei miei pensieri all’incontrario va
Con tanto sole, tanti anni fa
Quelle domeniche da solo
In un cortile, a passeggiar
Ora mi annoio più di allora
Neanche un prete per chiacchierar
Il pomeriggio è troppo azzurro
E lungo per me
Mi accorgo
Di non avere più risorse
Senza di te
E allora
Io quasi quasi prendo il treno
E vengo, vengo da te
Il treno dei desideri
Nei miei pensieri all’incontrario va
Tra l’oleandro e il baobab
Come facevo da bambino
Ma qui c’è gente, non si può più
Stanno innaffiando le tue rose
Non c’è il leone, chissà dov’è
Il pomeriggio è troppo azzurro
E lungo per me
Mi accorgo
Di non avere più risorse
Senza di te
E allora
Io quasi quasi prendo il treno
E vengo, vengo da te
Ma il treno dei desideri
Nei miei pensieri all’incontrario va
Il pomeriggio è troppo azzurro
E lungo per me
Mi accorgo
Di non avere più risorse”
Il cielo in una stanza | 1961 (Gino Paoli)
Questa stanza non ha più pareti
Ma alberi
Alberi infiniti
Questo soffitto viola
No, non esiste più
Io vedo il cielo sopra noi
Che restiamo qui
Abbandonati
Come se non ci fosse più
Niente, più niente al mondo
Mi sembra un organo
Che vibra per te e per me
Su nell’immensità del cielo
Mi sembra un organo
Che vibra per te e per me
Su nell’immensità del cielo
Per te e per me
Nel cielo”
“A Zonzo”,
saranno una serie di articoli a cura di Antonello Palladino, in cui verrà raccontata la storia musicale, emozionale e sentimentale della leggerezza.
Per ascoltare la versione radio del racconto, lo trovi QUI