BONO VOX, MARIO MEROLA E LA QUARTA DIMENSIONE
4 Ottobre 2018Il Manuale Musicale dei Sensi | Due | Guardare
25 Aprile 2019di Antonello “Zappatore” Palladino
Lo so, propongo un parallelo assurdissimo.
In una delle nuove rubriche radiofoniche di quest’anno, abbiamo deciso di commentare alcune sigle di cartoni animati degli anni ’80 a tema con le puntate. A parte il fatto – importante – che alcune di queste sono di una bellezza musicale sopraffina, con somiglianze – a volte sospette, ed a volte semplicemente incredibili – con pezzi famosi della musica “adulta”, i loro motivetti sono talmente radicati nei ricordi della mia generazione, che andarle a resuscitare è un esercizio forse anche utile, oltre che parecchio divertente.
Durante la puntata sul sacro ed il magico, con ospite Eraldo Baldini, abbiamo riproposto l’ascolto della canzone iniziale di “David Gnomo Amico mio“, cartone animato spagnolo, che racconta appunto di David, gnomo-medico di quasi 400 anni, e delle sue avventure per salvare e curare gli animali del bosco. L’introduzione strumentale celtica del brano di apertura del cartone, insolitamente lunga, richiama ad esempio immediatamente Samarcanda di Vecchioni.
Caratteristica di molti cartoni animati anni ’80 era poi lo spiccato lato sentimentale, che mi pare un po’ cambiato (ridotto di molto) in quelli moderni. La carica emotiva era spesso molto alta e, nonostante la pesante censura bacchettona italiana, venivano trattati anche temi difficili e pesanti, come la morte. Nell’ultimo episodio di David Gnomo, ad esempio, si assiste alla morte di David e di sua moglie, ormai vecchi. La scena è strappalacrime; le immagini ed i colori richiamano atmosfere mitologiche. Si vede David, accompagnato da una volpe che aveva curato nella prima puntata, che cammina insieme alla moglie e ad un altro anziano gnomo, lungo una salita. Al di là (Aldilà) di questa collina, il paesaggio è ricco di verde, di erba, di vento leggero che muove i fiori. Il commiato fra David e la moglie è semplice ma romanticissimo; alla fine i due scompariranno trasformandosi in alberi di ciliegi.
In questo periodo stiamo ascoltando molto Battisti, per il PodWolf (puntate in cui raccontiamo in modo molto particolare la musica) con Igor Sibaldi e, leggendo bene i testi, è interessantissimo notare come alcuni elementi, alcune parole, ritornino negli anni. I riferimenti più o meno espliciti alla morte, cantati da Battisti, nei testi di Mogol, ad esempio, sono tantissimi.
Riguardando la scena di David, il richiamo al testo della “Collina dei ciliegi” di Mogol/Battisti è immediato, tanto che non si capisce chi ha pescato da chi, e da dove.
In generale ci sono due brani della coppia Mogol/Battisti in cui vengono cantati i ciliegi: il primo è, appunto, “La collina dei ciliegi“, del 1973 da “Il nostro caro angelo“:
No non temere, tu non sarai preda dei venti/
Ma perché non mi dài, la tua mano perché?/
Potremmo correre sulla collina/
E fra i ciliegi veder la mattina (e il giorno)/
E dando un calcio ad un sasso/
Residuo d’inferno e farlo rotolar giù, giù, giù/
E noi ancora ancor più su/
Planando sopra boschi di braccia tese/
Un sorriso che non ha/
Né più un volto né più un’età…
(tralasciamo qui “i boschi di braccia tese“, che è un’immagine un po’ agghiacciante)
L’altra è: “Una giornata uggiosa“, dall’album omonimo – ed ultimo con Mogol – del 1980:
Sogno un cimitero di campagna e io là/
All’ombra di un ciliegio in fiore senza età/
Per riposare un poco 2 o 300 anni/
Giusto per capir di più e placar gli affanni
Beh, serve altro?
(A proposito, nella puntata prima citata, Eraldo Baldini ci parla degli gnomi e del perché portano il cappello rosso: QUI)