Un’esperienza di ascolto consapevole con Marina Borruso
24 Febbraio 2016Fiore di calla – E ritorno a giocare
28 Marzo 2016Di seguito un estratto dall’interessante libro di Carl Wilson: Let’s talk about love. Why Other People Have Such Bad Taste, tradotto in maniera più ruspante in italiano in: Musica di merda. Parliamo d’amore di Celine Dion, ovvero, perché pensiamo di avere gusti migliori degli altri, per ISBN edizioni.
Quest’estratto che riportiamo di seguito dà una bella lettura, molto semplice e profonda, del perché dei gusti musicali personali.
[…]Il giorno in cui stava per morire, mia madre cantò una canzone che non avevo mai sentito. […] Mentre era sotto sedativi aveva cercato di strapparsi di dosso i tubi che la tenevano in vita e di uscire dall’unità di terapia intensiva. Per calmarla avevo cominciato a sussurrarle all’orecchio. Canzoni. Inni come Amazing Grace, e le ballate dell’epoca di Tin Pan Alley. Poi era entrata un’infermiera con una targhetta sul camice che diceva <<Rachel>> e all’improvviso mia madre era tornata mentalmente all’età di sette anni, e si era messa a cantare una canzoncina del salto della corda.
Rachel, Rachel I’ve been thinking, what a queer world this
should be,
If the girls were all transported far beyond the Northern Sea!
Quella breve interpretazione trasmetteva una presa di contatto con la realtà accompagnata da calma e innocenza: subito dopo mia madre si illuminò in volto e seguì le istruzioni come una brava scolaretta del Winsconsin. Ero sconcertata. Fin da bambina conoscevo la colonna sonora della vita di mia madre. Mi aveva parlato più volte delle melodie che da piccola le piacevano e non le piacevano. […] La competenza che ho sviluppato nei vent’anni in cui ho lavorato come critico musicale nacque all’interno di questi scambi tra madre e figlia. […]
Eppure eccola lì, mia madre, tornata bambina e presa da una melodia che non avevo mai sentito. In quel momento mi sentii lontanissima da lei. In preda a un immotivato attacco di panico, tirai fuori lo smartphone e cercai le parole che le erano sfuggite di bocca. Scoprii che Reuben and Rachel è un duetto comico scritto nel 1871 e divenuto famoso come canzoncina per bambini […]
Mi resi conto che quei versi erano restati nascosti in una sacca profonda e scollegata dei ricordi di mia madre, un luogo rimasto incontaminato dal processo di formazione del gusto, dove sopravvivevano legami meno consapevoli con le esperienze dei primi anni di vita. Quella scoperta mi spinse a chiedermi: quando arrivi alla fine della tua vita, il buon gusto ha importanza? O forse le identità che ci siamo costruiti a partire dalle nostre scelte culturali scompaiono, e lasciano il posto alle prime esperienze in cui ci siamo imbattuti, quando eravamo ancora indifesi?
Non so se Reuben and Rachel sia stato davvero il punto di svolta della guarigione di mia madre, ma di lì a pochi giorni, come per miracolo, era di nuovo se stessa. […]
Le opinioni non richieste e le preferenze delle donne comuni esercitano un’enorme influenza all’interno del vasto campo dell’esperienza culturale concreta. Sono loro a determinare i colori delle nostre case, che siano pastello, neutri o vividi. Sono loro a stabilire cosa mangiamo: per esempio negli anni settanta, nel nostro quartiere di periferia tutte le madri si sforzavano di cucinare ricette cinesi. Da bambini portiamo i vestiti che secondo loro ci stanno bene, veniamo iscritti a corsi che riflettono i loro interessi, impariamo a leggere i libri che loro decidono di leggere a noi. Ogni artista allevato da una donna porta su di sé l’impronta della sua visione del mondo.
[…] quando si tratta di capire il processo di formazione dei canoni della critica, la dimensione domestica rimane tagliata fuori, e di rado viene considerata come una fonte in grado di influenzare i creatori di cultura, a meno che non siano questi ultimi ad affrontarla esplicitamente. Questo fenomeno è particolarmente vero quando si pensa agli artisti maschi. Quando andiamo a vedere un blockbuster di Christopher Nolan ci capita mai di pensare che sua madre doveva essere un’appassionata di colori freddi? […]
È stato lo shock che ho provato ascoltando mia madre condividere un brano musicale a cui non aveva mai fatto cenno prima di allora a riportarmi indietro nel tempo, e a farmi capire che prima di conoscere il surrealismo e i Clash, Prince, David Linch o David Cronemberg conoscevo le cose che piacevano o non piacevano a mia madre. È da lei che ho appreso lo swing delle big band e lo sfarzoso romanticismo dei musical: ho scoperto il significato della grazia fisica nell’oscillazione della colonna vertebrale di Gene Kelly, e quell’intrigo nei gialli di Agatha Christie. E credo di aver cominciato a capire cosa fosse al frustrazione a partire dalle esperienze culturali di mia madre; perché, naturalmente, nonostante fosse un’avida lettrice, un’appassionata di teatro e ascoltasse spessissimo musica dallo stereo del soggiorno, nessuno si sarebbe mai sognato di prendere sul serio le sue opinioni.
Come tante altre donne mia madre creò un mondo per me, per mio padre e mio fratello, ma anche per tutti coloro che la conoscevano: un mondo dorato che si è dispiegato di fronte a noi, eppure invisibile ai più. È lei il primo vero critico che io abbia mai conosciuto.
Ann Powers.
Tratto da: Musica di merda – Carl Wilson